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Inchiesta ultras: ecco cosa rischiano Milan ed Inter secondo l’esperto

Tifosi Milan

L’avvocato Paco D’Onofrio ha provato a chiarire cosa può succedere alle due società meneghine nell’ambito dell’inchiesta sulle curve.

Cronache di Spogliatoio ha intervistato Paco D’Onofrio che ha parlato delle possibili pene e sanzioni a Milan ed Inter. “Le norme prevedono, se il fatto viene accertato, che vi sia una squalifica ai danni dei tesserati e a carico delle società, se il comportamento è passivo e quindi che non ci sia una complicità, e tenderei ad escluderlo, non ci possono essere punti di penalizzazione. Quindi ammenda per la società e squalifica per i dirigenti”. 

Il precedente

Ricordo che il precedente di Andrea Agnelli è piuttosto significativo perché fu abbastanza consistente la squalifica. La giustizia sportiva quando squalifica le persone fisiche però attende a considerare la condizione, cioè un dirigente potrebbe avere un periodo di squalifica maggiore rispetto a un allenatore o un calciatore proprio perchè la squalifica di un soggetto che va sul campo è una squalifica più gravosa, più penalizzante rispetto a quello di un dirigente che se squalificato semplicemente non può andare negli spogliatoi, non può partecipare alle riunioni di Lega e non può svolgere compagne acquisti. Quindi da questo punto di vista ci sarebbe anche una differenza da fare tra i dirigenti dell’Inter e gli eventuali tesserati di campo dell’Inter”.

Il dubbio

Qualora, ripeto, venissero mai accertate delle responsabilità. Per quello che finora ho letto non mi sembra che ci siano delle responsabilità anche a livello federale ascrivibile a quei tesserati. Non conosco però gli atti e immagino che alcuni siano secretati, quindi ci potrebbe anche essere dell’altro”. 

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L’ipotesi peggiore

La peggiore delle ipotesi, stando a quello che è uscito fuori finora, si dovrebbe concludere con una sanzione pecuniaria a carico delle società, a cui potrebbe essere ascritto la responsabilità di un omesso controllo, di un’omessa denuncia dei fatti di cui era a conoscenza. Un po’ come successe alla Juventus, la cui condanna aveva come premessa ‘non potevano non sapere quello che succedeva all’interno del proprio ambiente’, ma questo non vuol dire che c’è stata una complicità. Se ci fosse, sarebbe un fatto molto più grave”. 


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