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Sacchi: “Ancelotti vince con i giovani. L’Italia segua questa strada”

Arrigo Sacchi in un articolo pubblicato sull’edizione odierna de La Gazzetta dello Sport ha analizzato il lavoro di Carlo Ancelotti.
“Prima il Psg di Messi, Neymar e Mbappé. Poi il Chelsea che era campione in carica. E adesso il Manchester City di Guardiola. Tre indizi fanno una prova, diceva Agatha Christie. E qui la prova è che il Real Madrid di Ancelotti, grazie alla saggezza, all’umanità e all’esperienza del suo allenatore, e allo straordinario contributo del pubblico del Bernabeu, è in grado di qualsiasi impresa, anche la più complicata”.
“Partiamo dalla gente: sotto di un gol, con la finale che si allontanava sempre di più, i tifosi spagnoli non hanno mai smesso di incitare i propri giocatori, li hanno sostenuti e, in questo modo, li hanno aiutati nella rimonta. L’umanità di Carlo, invece, si è vista quando tutti i suoi ragazzi che erano in panchina, o perché sostituiti o perché non entrati, stavano dietro di lui, e sembravano dei veri tifosi, con Marcelo capobanda. Questo significa avere spirito di squadra, la qualità principale per raggiungere grandi traguardi. Ancelotti ha vinto come aveva fatto con il Psg e con il Chelsea, cioè in rimonta e sostituendo alcuni campionissimi con giovani talenti che fanno dell’entusiasmo la loro principale dote. Contro il City, nel secondo tempo, fuori tutto il centrocampo: Casemiro, Kroos e Modric. E nei supplementari fuori pure Benzema. In campo Carlo ha messo la freschezza di Rodrygo, di Asensio, di Camavinga. E la partita ha svoltato proprio grazie a Rodrygo che ha realizzato la doppietta decisiva quando sembrava che il City avesse ormai tutt’e due i piedi in finale. Andate a rivedere le azioni dei gol del Madrid: tutte nascono dal pressing, possibile grazie alle energie dei giovani, e dalle veloci ripartenze”.

“In Italia dobbiamo capire che questa è la strada da seguire: in campo internazionale, se si vogliono ottenere successi, non si può prescindere dal pressing che dà coraggio, spaventa gli avversari e li costringe a fare una cosa che non è nelle corde, e cioè difendere. Tutte le squadre straniere sono più brave nella fase d’attacco mentre in quella di contenimento sono piuttosto approssimative, come ha dimostrato il City nella doppia sfida di Champions. Dunque, se vogliamo batterle, bisogna che le attacchiamo. Purtroppo quasi tutte le nostre squadre tengono un uomo in più, quando non sono addirittura due, là dietro, magari per marcare un solo attaccante avversario, e così si perde un elemento a centrocampo e si fa fatica a prendere il dominio del gioco”.
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