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Milan, Fonseca a rischio esonero? Ecco la verità dopo Roma

Paulo Fonseca

Fonseca e i suoi ragazzi perdono ancora punti in classifica dopo il pareggio a Roma contro la Lazio. Rischio esonero? Ecco la verità.

Il Milan pareggia a Roma contro la Lazio 2-2. Ancora due reti subite, 6 nelle prime 3 giornate di campionato, ancora nessuna vittoria a referto. La perseveranza diabolica con cui questa squadra moltiplica i propri errori è raccapricciante, dilaniante e dissacrante, anche per i cuori più ottimisti. Gli uomini di Fonseca ripercorrono in modo ossequioso sempre la stessa strada perdente, convinti che miracolosamente il risultato finale possa cambiare. I primi 270 minuti di campionato del Milan hanno lo stesso ed unico canovaccio: immagine fissa verso il vuoto che si allarga sempre più dinanzi ai propri piedi, e l’incubo dello sprofondo sempre più prossimo. Giusto una settimana fa ci domandavamo cosa si fosse salvato dalla trasferta di Parma, oggi ci domandiamo se ci sia davvero qualcosa da recuperare da una nave che pare viaggiare senza motori al suo supporto, senza vela e in preda al vento delle correnti. Nessuno escluso dalla black list, dalla società fino ad arrivare all’allenatore e ai giocatori.

Dov’è la società?

La società si è assunta la responsabilità di cambiare guida tecnica, dopo gli anni targati Pioli. Dapprima la scelta di Lopetegui, osteggiato dal tifo più caldo rossonero, poi la seconda scelta Fonseca. Fin dagli albori di questa nuova stagione l’incertezza è stata dominante e ha segnato il passo di quanto stiamo assistendo oggi. L’ultima settimana è stata senza dubbio controversa, complicata e segnata dalla visita a Milanello di Cardinale e di tutto lo stato maggiore rossonero con un unico obiettivo: confermare la fiducia al tecnico e compattare la squadra. Nella notte di Roma, caduta esattamente pochi giorni dopo tutto ciò, Zlatan Ibrahimovic è assente all’Olimpico. Si scrive e racconta sia in vacanza. Intempestiva la scelta dello svedese che, qualcuno potrebbe obiettare, non scenda in campo e che quindi non possa determinare le sorti sportive della squadra. Vero, senza dubbio, ma il silenzio della sua assenza nel rumore dei fischi dei tifosi rossoneri verso squadra e allenatore a fine gara fa eco al malessere generale, acuendolo come un petardo che esplode in chiesa la notte di Natale.

Rafael Leao
Rafael Leao

L’ammutinamento nascosto da Fonseca

L’assenza dagli undici titolari di Theo e Leao ha prodotto nei tifosi rossoneri il medesimo effetto che, nell’opera l’urlo, Munch ha rappresentato con straordinaria maestria. Un grido di terrore, di paura e sgomento, nel silenzio dell’assenza di ragioni motivate a tale scelta che tanto è sembrato come un vero e proprio harakiri. Qualcuno ha addirittura rispolverato le memorie partenopee di Rudi Garcia che, escludendo Kvara e Osimhen, dichiarava tronfio come un pavone che “i messaggi non sono mai per chi esce, ma per chi entra. Il parallelismo, quasi kafkiano, atterrisce soprattutto ricordando che da quel preciso momento iniziò il precipizio senza paracadute nel quale è affogato il Napoli nella passata stagione. Sprofondo dal quale per riemergere Aurelio De Laurentiis si è visto costretto a chiamare, e lautamente pagare, il signor Antonio Conte che, dalle parti di Via Aldo Rossi, non è stato nemmeno preso in considerazione questa estate perché “il Milan ha un allenatore, non un manager, Conte non era ciò che cercavamo”, recitava compiaciuto lo svedese lo scorso 26 giugno.

Il calcio è decisamente bugia, parafrasando Benitez, e lo è soprattutto quando Fonseca afferma che non ci sia alcun problema con Theo e Leao che, colpevolmente, si estraniano dal corpo squadra durante il cooling break. E’ certamente menzogna quando dichiara di averparlato con i giocatori che hanno accettato la scelta“, è senza dubbio falsità quando sottolinea di non avervisto che erano lì“. C’è da augurarsi che la corazza, con la quale si sta difendendo con le unghie e con i denti Fonseca, non gli impedisca di notare il nascere del focolaio dell’ammutinamento all’interno dello spogliatoio. Sarebbe preoccupante per il Milan se, come William Bligh, fosse costretto a subire un ammutinamento che porterebbe alla deriva la stagione rossonera.

Tic tac, tic tac: il tempo passa

Il tempo non conosce tempo perso, trascorre inesorabile a prescindere che lo si viva a pieno o meno. Avanza con il suo inesorabile ticchettio, al limite dell’esaurimento nervoso a volte. L’assenza di un pezzo così ingombrante della società Milan all’Olimpico di Roma fa rumore. Ibrahimovic è in vacanza durante il primo vento di burrasca che soffia sulla squadra: intempestivo, senza dubbio. La governance rossonera conferma la fiducia a Fonseca, nemmeno l’ombra remota di esonero per il portoghese, ma il tempo avanza, minuto dopo minuto e punto dopo punto perso al cospetto di chi davanti scatta per la maglia rosa creando già un solco difficilmente colmabile. Salvador Dalí rappresentò “la persistenza della memoria”, in cui dipinse un orologio molle, piegato su se stesso e accartocciato come fosse vittima di un destino più grande per cui il tempo era solo uno strumento che si piegava dinanzi alla vita che incontrava davanti ai propri occhi. Il Milan attuale è simile a un’opera surrealista, in cui tutto è il contrario di tutto, e in cui nulla appare al suo posto naturale. L’intero ecosistema rossonero stagna colpevolmente in una landa deserta dominata dalla presenza di diversi orologi che, come raffigurò Salvador Dalí, dimostrano la diversa velocità del tempo a seconda del soggetto. Non è un caso infatti che i tifosi vorrebbero la testa di Fonseca su un piatto d’argento, considerandolo totalmente inadatto a guidare una grande squadra come il Milan, e i fischi al termine della gara ne sono uno specchio fedele. Per la società invece non esiste alcun problema, nessuna discussione in merito.

Nel frattempo gli orologi di squadra, società e tifosi, diventano sempre più molli e privi di consistenza perché in questa differenza di vedute il tempo per recuperare i punti a chi scappa davanti passa, e quel tempo non torna più indietro. La sosta serva come sprono per fare chiarezza, tra tutte le parti in causa, ricordando agli “ammutinati” Theo e Leao che, da giocatori del loro talento, non sono ben accetti comportamenti che tanto ricordano quelli dei “bambini viziati”. L’anno prossimo sarebbe triste, deprimente e fallimentare, vivere le notti di coppe europee mangiando una madeleine rimpiangendo il tempo perduto in stile Marcel Proust.


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