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Milan-Liverpool, il “leone” Ibra e il “gattino” Leao: è sempre più crisi

Nella notte di San Siro stride l’eco delle parole leonine di Ibra a pochi minuti dall’inizio della gara, e l’ennesimo gesto da “gattino” di Leao.
Vi mando come agnelli in mezzo ai lupi. Sembra essere questo il vangelo profetizzato da Zlatan Ibrahimovic a pochi minuti dall’inizio di Milan-Liverpool. Ennesime tante parole, ennesimi pochi fatti, per una misura che ora come non mai appare davvero colma e pronta a tracimare da un momento all’altro. Cosa resta del Milan? Sconsolatamente nulla.
Parole da leoni e partite da co*****i
Il vecchio proverbio recita brutalmente: la notte leoni, la mattina co*****i. La massima contempla almeno una notte vissuta da protagonisti, in preda ad una sbornia consolatrice e sognante. Qui manca perfino questo. Il mondo Milan vive sulle parole, sulle suggestioni mediatiche, e conquista le copertine del gossip anziché quelle dei giornali sportivi. Ibra, poco prima del fischio d’inizio, delizia la platea con l’ennesima esibizione da prima donna, aggiungendo al proprio repertorio letterario nuove frasi iconiche da aggiungere alla sua autobiografia da “Dio” sceso in terra tra i normali. Al Milan – afferma lo svedese – comanda lui, e tutti lavorano al suo servizio. Come se non bastasse Zlatan, parlando della sua assenza al Milan degli ultimi tempi, afferma che “quando il leone va via, i gattini si avvicinano”. I tifosi rossoneri però, almeno per ora, di “leoni” sul rettangolo verde ne hanno visti davvero pochi. Sono invece abbondati i “gattini”, annaffiati e miagolanti parafrasando Amedeo Minghi. Tolta la vittoria roboante contro il Venezia (neo promossa), il Milan non ha mai dominato una partita, e nemmeno mai una parte di essa. A tre mesi dall’insediamento di Fonseca la domanda sorge spontanea: dov’è il lavoro di Fonseca e la sua idea di calcio dominante?

Dov’è il Milan?
Da San Siro è partito un S.O.S. forte e chiaro: dov’è il Milan? Questa società ha costruito la propria immagine vincente nel mondo nel silenzio del lavoro, dei pochi proclami a mezzo stampa, e nell’eleganza dei modi e degli atteggiamenti. Dopo le parole da tronfio pavone di Ibra, si somma l’ennesima rappresentazione egoistica di Leao a fine partita. Tutta la squadra va sotto la Curva incassando il rumore dei fischi e della contestazione. Chi poteva mancare se non Leao? Questa volta la scusa non potrà essere che fosse appena entrato in campo e non aveva bisogno di dissetarsi o sentire le direttive del tecnico, questa volta ogni ulteriore parola farebbe più rumore del gesto stesso. Si vince da squadra, e ancora di più si perde come squadra. Il gesto di Leao “esonera” ancora una volta Fonseca, palesando quanta insofferenza ci sia nello spogliatoio rossonero. Il tempo dei colpi di tacco volanti e delle esultanze “polemiche” si è esaurito contro il piccolo Venezia, perché ieri Leao ha incassato l’ennesima insufficienza pesante in pagella. Decisamente troppo comodo porre dinanzi a tutto il proprio individualismo e decidere di ascoltare solo gli applausi, lasciando i compagni il “piacere” dei fischi dei quali, però, almeno in parte si è responsabili. Il tempo delle surfate “allegre” dovrebbe essere messo da parte, una volta e per tutte. Una squadra del calibro del Milan ha bisogno di regolarità, e non di ottovolanti emozionali che, come le onde, salgono e scendono alla velocità della luce.
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