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Milan, Kjaer: ” Il Milan è davvero una famiglia e lo scudetto lo sento mio”

Simon Kjaer

Il difensore del Milan Simon Kjaer è tornato dopo un lungo infortunio al ginocchio e ha raccontato la sua storia a Sportweek.

Il difensore del Milan Simon Kjaer è stato intervistato da Sportweek, inserto de La Gazzetta dello Sport del sabato. Il gigante danese ha raccontato i suoi mesi di calvario seguiti all’infortunio dopo Genoa-Milan dello scorso dicembre. Queste le sue parole.

Kjaer

Il suo calvario dopo l’infortunio: “Non avevo mai sofferto un infortunio tanto grave e per la prima volta nella mia carriera dovevo affrontare un periodo in cui avrei lavorato da solo, lontano dal resto del gruppo. Mia madre mi disse: fai finta di essere un eremita, uno di quelli che vivono nella foresta, separati da tutto e tutti. Io mi sentivo proprio così. Sì, la società mi stava vicino, i compagni mi scrivevano incoraggiandomi, ma alla fine ero io a dovermi alzare alle 8 del mattino tutti i giorni per lavorare fino alle 8 di sera: terapia, rieducazione, da solo insieme al fisioterapista. Allora mi sono detto, se sembro un eremita, che sia così: taglierò la barba solo quando tornerò a lavorare con la squadra”. 

Sente suo lo scudetto vinto:  “Quando mi sono fatto male ho staccato la spina dal calcio per quattro mesi. Non guardavo neanche le partite. Ero in contatto con Pioli e i compagni, niente altro. Non andavo a Milanello perché non avevo niente da dire e niente da fare. Sono tornato più o meno a dieci partite dalla fine perché dovevo ricominciare a fare qualche lavoro con la squadra e restituire qualcosa a me. I ragazzi mi hanno accolto regalandomi la maglia con il mio nome firmata da tutti loro. Il Milan è davvero una famiglia e io voglio bene a tutti. Cosa mi ha rubato l’infortunio? Io so di aver dato una grande mano a vincere questo scudetto perché è stata la conclusione di un percorso di crescita, tecnica e mentale, iniziato due anni e mezzo fa quando sono arrivato al Milan. L’anno scorso ho giocato solo 11 partite, ma lo scudetto lo sento mio. Lo abbiamo vinto tutti insieme. Abbiamo festeggiato come devono fare i campioni. Di solito tengo le cose dentro, ma ogni tanto sono capace di farle uscire”. 

I suoi compagni:  “Daniel Maldini mi sembrava maturato, più pronto. Spero che lo possa dimostrare allo Spezia dove è andato in prestito. La società ha fatto bene perché ha bisogno di giocare. Su Leao e Tonali dico che voglio vederli quest’anno: non sono più ragazzi, devono crescere enormemente. Quello che hanno fatto l’anno scorso non basta più. Leao ha qualità straordinarie e perciò non può permettersi partite in cui si vede poco: deve essere decisivo sempre. Se riesce a fare questo salto, può diventare uno dei top cinque al mondo. Poi voglio vedere Origi: sono stato con lui a Lille, era un ragazzino, adesso mi aspetto un campione che fa la differenza perché ha tutto per esserlo, velocità, fisico e piedi. Anche Bennacer deve crescere, ritagliandosi un ruolo importante”.

L’esplosione di Kalulu:  “Pierre ha fatto una stagione fantastica. Dal mio punto di vista lui non è un rivale. Se io faccio il mio lavoro, se sto bene, c’è solo uno che può decidere, Pioli. Poi io posso arrabbiarmi con lui, ma non con Kalulu, Tomori o Gabbia perchè sono colleghi e uno di loro mi sarà al fianco in campo. Avrò bisogno di loro, del loro aiuto, quindi non potranno mai essere rivali. So che quest’anno non farò 45 partite. Ci saranno occasioni per tutti, ma ovviamente voglio giocare. Quando ci sarà il derby voglio giocare”.

Sullo scudetto 2022-2023:  “Le avversarie sono state aggressive sul mercato. Quando mancavano dieci partite alla fine, nessuno credeva nel nostro scudetto. Adesso diventa ancora più dura perché tutti vogliono battere i campioni d’Italia. Ma noi possiamo ancora crescere. Nessuno, qui al Milan, ha ancora finito di farlo. Anche noi vecchi: se il fisico inizia a crollare, la testa deve andare più veloce”.


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