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Furlani minacciato di morte: la clamorosa rivelazione che ha lasciato tutti senza parole
Furlani minacciato di morte. La confessione di Giorgio Furlani nel documento sul Milan della Harvard Business School.
La Harvard Business School ha recentemente pubblicato un approfondito documento di 24 pagine che analizza il caso AC Milan, con particolare attenzione alla gestione del club sotto la proprietà di Gerry Cardinale e alla figura di Giorgio Furlani, attuale amministratore delegato. Il testo esamina il percorso del Milan, evidenziando le sfide, le opportunità e le strategie adottate dalla nuova proprietà per riportare il club ai vertici del calcio internazionale.
Nel documento viene approfondito il progetto strategico di Gerry Cardinale, che ha acquisito il Milan con l’intenzione di trasformarlo in una realtà solida sia dal punto di vista sportivo che economico. Cardinale ha puntato a rinnovare la struttura societaria, adottando approcci moderni e professionali per ridare competitività al club, investendo in giovani talenti e cercando di costruire un modello di business sostenibile a lungo termine.
La verità di Furlani
Giorgio Furlani, che è anche un ex studente della Harvard Business School, ha descritto il suo lavoro al Milan, un percorso che lo ha visto attraversare diverse proprietà. La sua esperienza, che ha incluso il passaggio dalla gestione di Elliott Management alla RedBird Capital Partners, ha rappresentato un elemento chiave per garantire stabilità e continuità nel processo di rinnovamento del club. Furlani ha parlato anche dei cambiamenti strutturali e dei progetti a lungo termine volti a rafforzare l’immagine e le finanze del Milan.
Furlani minacciato di morte
Un passaggio che ha suscitato particolare scalpore riguarda una rivelazione fatta dallo stesso Furlani: l’amministratore delegato ha svelato di aver ricevuto una minaccia di morte durante il suo periodo al Milan. In particolare si è scoperto l’esatto momento in cui tutto ciò è avvenuto. L’ad rossonero rivela infatti che la cessione di Tonali ha creato grande dispiacere all’interno della tifoseria del Milan, una decisione che ha scosso profondamente l’ambiente rossonero aggiungendo: ““Ero consapevole della volatilità che deriva dal fatto che i media e i tifosi parlano del nostro club, ma ho capito che non c’è modo di sfuggire a quello che dicono in televisione o scrivono sui giornali. Ti colpisce davvero nei giorni negativi. E poi ci sono giorni ancora peggiori, come quando ricevo minacce di morte, per esempio quando abbiamo venduto Tonali, uno dei nostri migliori giocatori. È in quei momenti che ho pensato: ‘Okay, queste cose non te le insegnano alla Harvard Business School’”.
Un problema sociale
La verità emersa scuote le coscienze e pone domande serie sul fatto che uno sport, per quanto appassionante, possa generare una tale situazione di violenza. Quando la passione per il calcio si trasforma in rabbia incontrollata, è inevitabile riflettere sulle cause di un simile comportamento. Le recenti tensioni, sia tra tifosi che all’interno degli stadi, sollevano interrogativi sul confine tra tifo sfegatato e violenza gratuita. L’intensità emotiva che il calcio suscita è comprensibile, ma quando questa si traduce in atti aggressivi, diventa un problema che riguarda non solo lo sport, ma la società nel suo insieme.
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