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Milan, Pioli: “Queste due le partite chiave. Asensio? Grande giocatore…”

Marco Asensio

Stefano Pioli ripercorre la cavalcata del Milan che lo ha portato allo scudetto, e poi parla di Asensio, obiettivo rossonero.

Stefano Pioli in una intervista rilasciata al quotidiano spagnolo As, ripercorre il film della stagione che ha portato il suo Milan a vincere il 19esimo scudetto, queste le sue parole. Sul campionato: “Ci abbiamo sempre creduto, sono state due le partite chiave. La rimonta nel derby e la vittoria sulla sirena contro la Lazio. Aver vinto le ultime sei partite, pur con il peggior calendario, ha dimostrato la nostra forza mentale”. Su Theo Hernandez: “E’ come l’ira di Dio, ha una forza e una determinazione incredibili. Quest’anno è diventato un giocatore più completo”.

Milan esulta scudetto

Su Asensio: “È un grande giocatore, ma è del Madrid e sono troppo contento dei miei giocatori per parlare degli altri”. Sulla prossima Champions League. “Sì, sicuramente. Le partite di quest’anno ci hanno insegnato molto e, inoltre, saremo in fascia 1. Siamo cresciuti in valore ed esperienza, giocheremo questa competizione con l’idea di qualificarci”.

Sul suo passato: “Nel calcio è normale. Mi sono sempre sentito apprezzato dove ho lavorato, cercando di lasciare tutto meglio di come l’ho trovato. Ora che sono elogiato dopo lo scudetto fa parte del gioco. Ma è così, o sei bravissimo, o pessimo. Le etichette non mi interessano, ogni allenatore ha le sue idee. Sabato vedremo una finale con due grandi allenatori, ma con idee diverse. Ci sono molti modi, ma la soluzione migliore è sempre quella che mette a proprio agio i tuoi giocatori. Sono loro che fanno la differenza”.

Un saluto a Kessié. “È un ragazzo che ha dimostrato di essere un grande giocatore e una grande persona, lavorando sempre con il sorriso. Spero che vada tutto bene per lui, al Barça o ovunque, tranne se ci incontriamo in Champions League. Spero di batterlo lì .

Il Milan dei giovani. “L’idea del club era quella e c’era un enorme sostegno per il nostro lavoro. Sanno che se si lavora con i giovani ci vuole tempo, ma siamo arrivati ​​a questo risultato perché persone come Zlatan, Giroud, Maignan e Florenzi erano un riferimento per i più giovani. C’era un mix perfetto, empatia tra tutti, e questo ci ha fatto dare più del 100%”.


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